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(rassegna stampa- da Archivio storico
La Stampa)
LIBRI STAMPASERA Lunedì 4 Marzo 1991
La
storia della Valle di Susa scritta nelle incisioni rupestri
La pietra e il segno edito dalla Tipolito Melli e voluto
dal «Gruppo ricerche Cultura Montana»
Finalmente uno studio serio e completo su un grande patrimonio abbandonato,
in molti casi dimenticato da generazioni: le incisioni rupestri in Valle
di Susa. Ne fa giustizia un nuovo avvincente libro, ricco di documentazione
analitica, storica e fotografica, nel quale vengono demolite affermazioni
di un recente passato, gabellate come risultato di indagini e di testimonianze.
Negli Anni 60-70 l'antichissimo patrimonio di incisioni rupestri alpine,
strappato alla realtà dei suoi simbolismi, fu trasformato in punto
d'appoggio per la ricostruzione di incredibili trame di fantascienza. In
molti, soffermandosi su coppelle e graffiti scavati nelle rocce valsusine,
dal Musiné alle pendici del Rocciamelone, diedero sfogo a ricostruzioni
di un incredibile passato e a rivelazioni di un presente intessuto di scoperte
oniriche. Filippo M. Gambari (della Soprintendenza archeologica del Piemonte)
stigmatizza il tutto come «allucinanti analisi ufologiche-esoteriche,
improntate ad una manipolazione della documentazione che talora è giunta
alla falsificazione di fatto dei segni incisi».
A ridare il dovuto ordine alla materia è in azione da tempo il «Gruppo
Ricerche Cultura Montana» che ha ora messo a disposizione di studiosi
e profani i risultati dei suoi rilievi attraverso un interessante libro: «La
pietra e il segno», a cura di Andrea Arcà. In 155 pagine sono
raggruppati i dati di 140 schede elaborale in anni di sopralluoghi, ricerche
e rilevazioni. Il tutto è arricchito da una vastissima serie di nitide
fotografie a colori rese più leggibili da diversi schizzi grafici
dei rilevamenti e da un rigoroso accompagnamento didascalico e narrativo.
L'opera edita dalla Tipolito Melli di Susa in una piacevole veste grafica,
curata nel taglio delle immagini, presenta il suo valore di studio d'alto
livello nella scorrevolezza di un libro da sfogliare anche per curiosità,
da portare nello zaino durante le escursioni, per conoscere località e
cose che ci sono vicine eppure sconosciute, testimonianze del passato sulle
quali forse abbiamo posato lo sguardo senza conoscerne il valore. Quattro
i capitoli che seguono la presentazione di Gambari. Nel primo, l'impostazione
della ricerca si apre con «La Valle di Susa: una storia alpina»,
di Gian Maria Cametti, seguendo con la campagna di ricerca, la descrizione
del territorio e della vita montana. Si addentra poi sul legame delle incisioni
rupestri, «con epoche remote e con culture di cui molte tracce sono
andate perdute». La «questione tipologica» si sofferma
su coppelle, canaletti e croci, raffigurazioni di persone, strumenti di lavoro,
armi e animali. Dopo aver ancora illustrato i sistemi dell'«andar per
pietre» e le «prospettive della ricerca», ecco apparire
le «note tecniche» con la catalogazione delle scoperte, mentre
una settantina di pagine sono dedicate alle 50 «rocce significative»,
come si è detto, ampiamente illustrate.
Capitolo di grande interesse quello dedicato a «confronti e casi particolari» in
cui le pietre vaisusine vengono affiancate in una attenta analisi a quelle
esistenti in Francia, Germania, Danimarca, Svezia, a quelle della Valcamonica
e di diverse altre località, per avvicinarsi al «caso Musiné» con
i suoi «menhir» e le pietre incise che lasciano molti dubbi sull'autenticità.
Gian Maria Cametti va sulle orme di Carlo Magno attraverso il «sentiero
dei Franchi» e ci porta alla realtà dell'esistenza di Marco
Delo, uno scalpellino solitario della seconda metà '800.
Luca Patria parla ancora di massi erratici (ritenuti da molti studiosi altari
di culti druidici) e pietre confinarie o terminali di diverse proprietà.
L'opera si chiude con una serie di appunti di storia delle ricerche e un
quanto mai utile glossario di spiegazione dei termini tecnici del testo.
Vito Brusa
(didascalie:
Un masso con 23 coppelle e due canaletti scoperto sulle alture
di Borgone;
Giovani del Gruppo Ricerche Cultura Montana durante un sopralluogo)
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La Stampa Domenica 27 Maggio 1990
Graffiti
Le pietre spiegano il passato
Si chiama «La pietra ed il segno»: è la
prima catalogazione delle incisioni rupestri di una zona delle Alpi
occidentali. Mesi di lavoro del «Gruppo di ricerca cultura montana» di
Bussoleno si sono concretizzati in un volume che raccoglie la descrizione
dei graffiti rupestri della Val Susa. Una ricerca meticolosa, con l'imprimatur
della Soprintendenza archeologica del Piemonte.
Così si è scoperto che in Bassa Valle le incisioni sono
293. Ci sono anche dei falsi: quelle del «magico» Musiné.
Ma altri casi sono una fetta di un'antica cultura legata al territorio.
Spiega Luca Patria: «Artisti improvvisati: pastori che accudivano
al gregge e che volevano lasciare una propria traccia».
Croci, coppelle, incisioni, fregi, stemmi, figure. Segni di antiche
adorazioni più o meno mistiche. Pietre diventate leggende che
parlano di «masche» e di folletti. Poi tradizione popolare,
che sovente ha legato ad un masso o una incisione la toponomastica
delle vallate alpine. Cinquanta incisioni sono state analizzate dal
punto di vista archeologico e culturale, per spiegare come gli antenati
dei valsusini hanno lasciato inciso a futura memoria la loro tradizione.
Il volume (50 mila lire e curato da Andrea Arcà) è edito
dalla tipografìa «Melli» di Susa, specializzata
in storia locale. E' nelle librerie della Val Susa e di Torino.
[g. dol.] |
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A cura del Gruppo Ricerche Cultura
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